#12 - Siamo tutti consumatori passivi
Il contesto attuale offre spunti sempre interessanti per ragionare, riflettere e confrontarsi su quelli che sono i trends del marketing comportamentale. Parliamone.
Bentornati o forse è meglio dire Benvenuti. Questo è il mio nuovo format di newsletter: ho deciso di cambiare piattaforma (da Mailchimp a Substack) ed anche forma, andando verso una newsletter più discorsiva. Come sempre, adatto contenuto, stile e struttura di volta in volta anche grazie ai vostri feedback.
Prima di lasciarvi al contenuto volevo parlarvi di questo lungo stop: erano mesi (più di 6) che non scrivevo. Il motivo principale è che non ho avuto il tempo (preso tra lavoro e famiglia) ed ho preferito non scrivere nulla (per me esiste il bianco o il nero), anche perché gli standard qualitativi per me sono importanti. Ho deciso quindidi riprendere e l’ho fatto per due motivi: uno, banale ma importante, molti di voi mi hanno chiesto “che fine ha fatto la tua newsletter?”. Certifica che l’impegno profuso ha dato comunque effetti, nonostante non sia stato costante (che va contro ogni logica e KPI dell’email marketing, ne sono consapevole). L’altro motivo è la curiosità rispetto a Substack, spinto anche da Matteo Aliotta che ha iniziato ad utilizzarlo da poco e me ne ha parlato bene (lo avevo adocchiato da tempo, dato che seguo molte newsletter Americane di vario tipo).
A fine newsletter come sempre, un sondaggio sul gradimento dei contenuti e come sempre: condividete con un amico a cui possa esser utile questa Newsletter.
Buona lettura, Johnny
Tempo di lettura stimato: 9 minuti⏳
Marketing
Consumatori: come ci stiamo trasformando da attivi a passivi
In cantiere ho un progetto (di cui vi parlerò nei prossimi mesi) sul comportamento del consumatore online. L’altro giorno in spiaggia, mentre cercavo invano di abbronzarmi, pensavo alle evoluzioni del contesto digitale e il suo impatto sul consumatore tipo (qualcuno direbbe “medio”): prima dello tsunami digitale (ovvero prima che diventasse quotidianità, prima che si raggiungesse la c.d. massa critica e cambiasse abitudini, aspettative, desideri … ) il consumatore era sostanzialmente abituato alla lentezza. Cosa vuol dire? vuol dire che il consumatore era disposto ad investire più tempo nella ricerca del prodotto che desiderava o alla ricerca in generale ad un prodotto funzionale (cioè che rispondesse ad una esigenza specifica). Una ricerca attiva che aveva un percorso più lungo, forse complicato. Pensiamo all’acquisto di un paio di scarpe: si partiva con una short list di negozi, poi si visitava il punto vendita si spiegava l’esigenza al commesso e magari si dava un’occhiata indipendente agli scaffali (dove chiaramente la forza del brand veniva fuori nella misura in cui si riconosceva uno stile o una marca appunto). Chiaramente, tra le tantissime variabili da prendere in considerazione c’era la ricerca di quella sicurezza che ogni consumatore ricerca prima di qualunque acquisto.
Oggi, chiaramente le dinamiche possono comunque esser ricomprese su un approccio chiamiamolo “old” o “offline driver”, soprattutto per alcune categorie merceologiche, MA il trend è chiaro e lo sanno anche i muli… il canale che fa da padrone è il digital e sarà sempre più così. Non solo per la vendita ma anche per influenza, l’impatto. Ma attenzione, non vediamolo solo come un canale di vendita: oggi il digital ha cambiato i consumatori in tutto….
non si ha più tempo a disposizione
si è generalmente più pigri
la sicurezza sta svanendo grazie ai resi e al soddisfatti o rimborsati
le decisioni di acquisto sono meno ragionate e più impulsive
generalmente si è più esigenti
La Journey tipica, che sarà sempre più prevalente, è più breve e semplice: vediamo un prodotto da un influencer (attenzione, non parlo solo dei big, parlo di tutti noi.. che in un certo senso siamo influencer nella nostra nicchia di audience), magari il prodotto lo vediamo più volte (qui il concetto di frequenza è fondamentale un pò come lo è per la pubblicità in TV misurato dal famoso GRP) ci piace (quindi è il prodotto che viene da noi e non viceversa) e quindi lo acquistiamo. Siamo, cioè, dei consumatori passivi e lo saremo sempre più. Questo cambia l’approccio del brand nel comunicare, nel definire le strategie di engagement. La domanda: rispecchia i miei gusti? arriva nel post acquisto e non prima, per i motivi che ho citato su. Un altro elemento fondamentale è il senso di appagamento immediato che il digital ci da: sentiamo che il prodotto sia nostro non appena lo acquistiamo (prima quindi di riceverlo), qualcuno può chiamarlo WOW Moment. Per questo motivo saremo sempre più impulsivi.
Il motivo? ce ne sarebbero molti e magari ne parleremo nelle prossime puntate ma il fulcro fondamentale che la farà sempre più da padrone è la ricerca di cambiamenti di stati d’animo. Un brand che conosce davvero questo concetto, oggi, ha illimitate potenzialità di crescita. Quindi la psicologia comportamentale ed il digital come attore di un cambiamento irreversibile (e per certi versi imprevedibile) hanno cambiato compltamente le regole del gioco.
NB: la suddivisione offline e online è puramente accademica per scindere e semplificare la spiegazione. Ovviamente, siamo nell’era dell’ibrido (pensiamo ad un dato McKinsey, 11% delle persone che visita un negozio fisico proviene dai social). Altro dato interessante: 83% degli utenti ritiene che Instagram sia un canale di scoperta per acquisto di prodotti e servizi (presto anche TikTok viaggerà su percentuali simili).
Ultima segnalazione sul tema: ho scritto un capitolo sul Social Commerce nel libro Digitaliano, del Prof. Bellafiore e Valentina Marini. Per apprfondire alcune tematiche sull’impatto dei social sul comportamento d’acquisto online.
Strategia non Canale (ripetiamo)
Approccio classico dell’imprenditore: sento parlare di un nuovo canale > spingo l’agenzia o il professionista che segue la mia attività ad attivare quel canale. Oppure, scenario ancora più tipico: il professionista propone un nuovo canale (magari per far vedere proattività o aggiungere una fee mensile). Bene, io sono sempre favorevole ai nuovi canali anzi, è un approccio giusto quello di sperimentare. Il problema è che nella maggior parte dei casi non c’è una strategia omnicanale dietro. Ovvero, il problema non è tanto il canale o la gestione tecnica dello stesso ma la strategia di lungo periodo di quel canale nel contesto strategico digitale dell’azienda. Su questo la maggior parte delle agenzie e dei professionisti zoppicano perché trovare uno specialista di canale (es: SEO) è semplice. Trovare uno strategist invece (che presuppone una conoscenza del contesto e della categoria di prodotto per poter realizzare una strategia) non è per niente semplice.
Società
La cultura dello scarto che va estirpata dal mondo
C’è una piaga nel nostro mondo. Silenziosa, subdola, di cui siamo tutti vittime e carnefici. Si chiama “cultura dello scarto”. Questa si esprime in vario modo e con livelli più o meno elevati. Partiamo da discorsi “terra terra” ma che riguardano la Terra, come gli scarti alimentari (non siamo mai capaci, nonostante più consapevolezza moderna, a ridurre i consumi -di qualunque tipo-): ne produciamo 6Kg al mese e quei 6Kg al mese di ciascuno di noi in Italia assorbe energia, inquina e deteriora il nostro pianeta. Ma oh.. tutto ok: abbiamo il reddito vogliamo esser “liberi” di scegliere.
Affrontando discorsi ancora più pesanti (ed importanti) parliamo degli anziani, dei fragili e delle persone diversamente abili. Gli anziani, “mai così numerosi come adesso”, sono visti spesso come “un peso”, soprattutto quando prevale la cultura dello scarto e della produttività. Nella drammatica prima fase della pandemia hanno pagato “il prezzo più alto”, riprendendo le parole di Papa Francesco.
Nei totalitarismi del ventesimo secolo “l’icona dominante” è stata l’esaltazione della giovinezza, unita al disprezzo dei vecchi. Questa convizione sbagliata ce la portiamo ancora dentro: lo vedo negli sguardi di noi giovani, lo vedo negli sguardi di mancato amore degli anziani. La vecchiaia, in realtà, è un dono “per tutte le età della vita”... un percorso di catechesi sul senso e sul valore della vecchiaia. Un itinerario scandito dall'esempio di figure bibliche, tra cui Mosè, Eleazaro e Giuditta, che tratteggia un profilo dell'anziano diverso da quello proposto spesso dalla cultura dominante. Già, la cultura dominante … che di cultura non ha proprio nulla. Lontano dai temi della politica, lontani dall’amore che invece doniamo ad oggetti e materialismi vari. Quante volte in un giorno pensiamo ai più deboli? quante volte ci fermiamo a riflettere sulle barriere che tutte le città italiane (in primis la Capitale..) ha per chi, per esempio, sta su un sedia a rotelle? Ho notato la settimana scorsa che 8 fermate centrali della metro A di Roma non avevano gli ascensori funzionanti. Stiamo privando della libertà le persone di cui ne hanno più bisogno. Ma chi, in questo tempo di numeri, di fatturato e reddito, di eventi e di grande cultura… "romperà" la deriva antropologica creando un fronte contro la subdola "cultura dello scarto"? Tra l’altro, non parliamo di mero assistenzialismo ma di dignità e, permettetemi, anche di Silver economy che produce PIL e “cultura..”. A voi l’ardua sentenza.
Le persone in un’organizzazione “sono tutto” (a parole)
Ultimamente si parla sempre più di grandi dimissioni nelle aziende.
Il tema è centrale: Gartner parla di un +50% rispetto ai livelli pre-pandemici.
Le aziende però sembra che non capiscano lo tsunami che sta arrivando. Continuano a ritenere che basti un benefit in più per un dipendente, qualche centinaio di euro lordo al mese in busta paga per trattenere le persone strategiche nell’organizzazione. Come sempre si pone l’attenzione più alla comunicazione aziendale in termini di risorse umane rispetto ad un vero impegno verso i dipendenti. Eppure le leve sono molte e ben note: comunicazione interna, creazione di un sistema di valori condiviso, incentivazione (non solo economica), percorsi di carriera definiti, attenzione al benessere, responsabilità ed autonomia. Le leve ci sono, la volontà meno. Il reparto HR di un’azienda oggi sembra l’ufficio del personale che “fa le buste paga”, assegna qualche corso di formazione e si assicura che tutto sia okay a livello amministrativo.
Ma lo tsunami arriverà. I talenti andranno via dalle aziende peggiori e le performance aziendali crolleranno.
Una leva sempre poco utilizzata è la mobilità interna (job rotation), nelle mie esperienze lavorative (ho cambiato circa 6 aziende) soltanto 1 adottava questo approccio (ed era Pfizer). Uno strumento di mobilità fa sì che le persone facciano esperienze diverse in azienda: nuove relazioni, nuove attività. Si rompe la routine (che ingabbia la creatività e schiaccia la produttività).
Un bell’articolo di HBR sul tema suggerisce tre azioni concrete per il dipartimento HR di un’organizzazione:
Valutazione di manager non solo su performance ma anche su capacità di far crescere i talenti e metterli a disposizione dell’organizzazione.
Focus su crescita professionale e non sull’avanzamento gerarchico
Rotation interna (part-time o per brevi periodi) con l’obiettivo di sperimentare e incentivare la permanenza (ma anche portare nuove idee nei dipartimenti)
Ora, perché ho esordito con un titolo del paragrafo provocatorio? perché le aziende a parole mettono al centro i lavoratori e collaboratori. Concretamente le cose di cui abbiamo discusso sono cose dette e ridette negli anni ma poche le aziende che attuano queste indicazioni perché manca il mindset, manca l’interesse concreto (meglio focalizzarsi sulle trimestrali, no?), cultura aziendale, mancanza di leadership che abbia davvero a cuore le persone. Eppure, nel lungo periodo le performance delle aziende che investono davvero nelle persone sono sempre migliori. Manca anche il coraggio di prendere queste decisioni perché cambiano il paradigma aziendale (meglio lo status quo, no?).
PS: Shopify licenzia il 10% delle persone (Shopify NON è in crisi, si tratta di un errore del top management nell’assumere così tante persone, essenzialmente ci dice che le persone per loro non contento nulla “al massimo li licenziamo tra qualche anno…” ).
Ecco l’email dell’AD in cui annuncia I licenziamenti.
We bet that the channel mix - the share of dollars that travel through ecommerce rather than physical retail - would permanently leap ahead by 5 or even 10 years. We couldn’t know for sure at the time, but we knew that if there was a chance that this was true, we would have to expand the company to match.
It’s now clear that bet didn’t pay off.
https://lnkd.in/db7epqXy
Giovani ed Università: c’è tanta strada da fare (soprattutto a livello giornalistico)
Il 22 Luglio acquistavo Il Sole 24 ore, come mi capita spesso di fare un po’ per abitudine e un po’ per dare quel tocco vintage ad un vita sempre troppo digitale.
Non ho mai sopportato le classifiche, in generale. Nell’inserto trovo un focus su università con l’ennesima super classifica sulle aspettative retributive per area disciplinare universitaria. Mi viene da ridere ma poi divento serio perché come l’avvertimento del contrario Pirandelliano poi entra in gioco la riflessione. La mia è sempre la stessa: queste classifiche, i genitori e anche il sistema universitario incentivano l’infelicita delle persone (non il talento).
Perché? Mi chiedo, che senso ha rappresentare le aspettative di guadagno se il guadagno NON È il KPI della felicità? Perché dobbiamo sfornare laureati infelici che racconteranno che “avrebbero voluto fare altro”, magari occuparsi di Arte e Design (penultimo posto in questa classifica)? Il meccanismo è quello di dare aspettative di un certo tipo di dire: in Italia mancano gli sviluppatori… mancano gli ingegneri. Poi ti guardi intorno e ti rendi conto che la ricchezza (quella da valorizzare) dovrebbe essere quella delle passioni dei ragazzi o quella della bellezza del nostro territorio. Si trovano tutte a fine classifica. Perché “non c’è mercato” perché non si riesce a puntare davvero su competenze, merito, aspettative e bellezza in un paese in cui la classifica dovrebbe essere rovesciata e, comunque, non dovrebbe mai rappresentare lo stereotipo del “figlio mio, devi diventare medico…” con il risultato di avere poi 90% dei medici che trattano male i pazienti, senza una straccio di umanità e che evadono la quasi totalità delle loro costosissime cure…
Campagna elettorale e web: brevissima riflessione
Lascio questa newsletter e non parlo di politica ma vi lascio un estratto delle conversazioni online che ho osservato con un tool di listening per farvi capire quanto questi strumenti (belli, potenti, utili) abbiano dei limiti.
Questi gli ultimi 30gg sul Web. Meloni ha il sentiment peggiore quindi potremmo dire che non ha tanto gradimento eppure il suo partito (possiamo dire lei, come leader) è in testa in tutti i sondaggi.
Cosa ci dice questa cosa? Che il web è una fotografia parziale di ciò che accade nel mondo “reale” e che i dati vanno sempre più interpretati e soprattutto confrontati.
3xTe: consigli da me
Una piccola sezione in cui, senza pensarci troppo, vi consiglio qualcosa che ho provato (libri, tool, film … ).
Pensaci ancora. Il potere di sapere ciò che non sai. Un bellissimo libro di Adam Grant, docente di psicologia organizzativa della prestigiosa Wharton School. Un libro fondamentale per imprenditori e manager, per chi vuole “cambiare approccio” e vuole ripensare e metter in discussione le proprie idee e convinzioni. Fondamentale per il change management non solo lavorativo ma proprio personale, per scalare le nostre consapevolezze. Linguaggio semplice e scorrevole.
Elvis. Un film stupendo che racconta (fedelmente) la storia di Elvis e dell’influenza del Colonnello Parker nella vita e nella carriera di una delle icone della storia della musica. Lo trovate a noleggio su Prime, Apple TV, Infinity, Tim Vision o Chili (costo medio 8,99€). Soldi ben spesi a parer mio poiché offre spunti di riflessione anche sul contesto sociale che è stato (e che è) ed offre una visione di un personaggio forte ma molto sensibile.
Loom. Un bellissimo tool che vi permette, già in versione FREE di registrare lo schermo del computer inserendo anche la vostra webcam. Tantissime le possibilità di personalizzazione e potenzialità come editing diretto, trascrizione del testo e tanto altro. Un tool essenziale per chi crea contenuti online ma anche per chi gestisce team o fa formazione.
< Viceversa <
Una sezione molto personale che può sembrare off-topic ma che spero possa offrirti dei punti di riflessione ed una conoscenza più intima di ciò che sono.
#NZO.
La vita è una giungla
La domanda che mi pongo.
Stiamo realmente difendendo il nostro pianeta?
Frase riflessiva.
Così è (se vi pare), Pirandello.
Cosa mangerei ora.
Pane e frittata.
Libro sul comodino.
Spatriati di Mario Desiati
Newsletter riletta mentre ascoltavo...
One for my baby (F. Sinatra)
Fatta con il ❤️ ed ultimata alle ore 19:53 del'23/08/22.
Complimenti Gio, quello che mi colpisce è la profondità con cui tratti temi molto importanti. Ci aiuti a remare contro il mare di superficialità a cui la società, e il nostro settore, ci vuole far abituare. Come già scritto da Raffaele, il tuo approccio umanistico è fondamentale per non fermarsi solo ad analisi di numeri e infografiche spiattellate qua e là sulle varie newsletter. Continua così, contenuti di qualità.
Bentornato Giò! Nel nostro settore c'è bisogno come l'aria di persone che abbiano un approccio - passami il termine - umanistico. Sei mancato 😘
P.S. Pane e frittata è uno dei miei piatti preferiti